gentilezza e cerchi concentrici
parliamo di ribaltare le prospettive, con un sondaggio speciale e un poster disegnato da me
Esser gentile è sottovalutato. O sopravvalutato.
nel quotidiano
La prima cosa che ci si aspetta spesso quando si fa un commento, o diciamo qualcosa a qualcuno in ruoli di front office, soprattutto lamentele (ad esempio ad un call center, in un negozio, in fila alla cassa del supermercato), è che l’altra persona, che sta lavorando, sia scortese, scocciata, non disponibile, non interessata, arrabbiata, irritata, o frustrata - magari perché abbiamo già altre esperienze precedenti che non ci hanno fatto sentire molto bene a riguardo e ci aspettiamo di essere trattatə in questo modo.
Essere gentilə non è qualcosa di dovuto a priori, anzi. Ma, proprio perchè nessuno ci obbliga ad esserlo, abbiamo di fronte una possibilità di scelta. Penso che quando ci interfacciamo con servizi di vario tipo, come clienti, dovremmo sempre avere rispetto e gentilezza per chi c’è dall’altra parte che ci sta offrendo un servizio.
A dicembre ho lavorato per un noto brand di champagne come calligrafa. Avevo il mio banchetto e scrivevo brevi frasi e nomi sulle bottiglie. L’esperienza in generale è stata molto positiva.
Si crea subito gruppo con le altre persone che lavorano nelle retrovie: baristə, magazzinierə, addettə alla sicurezza, commessə, camerierə, addettə alle vendite, espositorə. Si hanno sempre parole gentili per tuttə perché, appunto, facciamo parte di un ingranaggio che per quanto opinabile, necessita di tante componenti perché possa funzionare sempre al meglio. Non mancano le occhiate di supporto all’ennesimə cliente poco carinə, o i gesti tipo “lo faccio io per te, tranqui” perché magari hai tanti clienti in fila che aspettano il loro turno, o chiedersi “come va?” nello spogliatoio mentre ci si sistema il rossetto, i capelli o si prendono le proprie cose dagli armadietti per tornare a casa.
Basta davvero poco, per sentirsi parte di qualcosa. A me son bastati pochi giorni e ho un enorme rispetto per chi ogni giorno si interfaccia col pubblico in questo tipo di contesti molto richiedenti dal punto di vista fisico ed emotivo.
cosa non è la gentilezza
La gentilezza non è assenza di rabbia.
La rabbia è un’emozione che impariamo a sentire, conoscere, gestire, esprimere. Gentilezza non è assenza di rabbia. Credo profondamente nel potere creativo della rabbia che può essere liberatorio e trasformativo nel momento in cui non siamo più controllati dalle modalità aggressive con cui, talvolta, la si gestisce. Quando torniamo ad avere, invece, libertà di scelta, si aprono nuove possibilità che prima non avremmo mai potuto concepire. Tra queste, la gentilezza.
Scegliere di rispondere ad un operatore riguardo la propria casistica, o chiedere un aiuto, o un rimborso, in modo gentile, spesso mi ha consentito di avere subito una porta aperta e accogliente: cadono le proprie difese che si ergono quasi in automatico di fronte a qualsiasi persona arrabbiata, delusa, preoccupata per il servizio che non sta funzionando a dovere, per un pacco urgente, per un tempo di attesa troppo lungo.
Dall’altra parte, essere gentile come persona in ruolo di front office solitamente porta a scambi migliori e, forse, anche più clientela, ma anche qui non è detto. A volte per chi sta lavorando il tempo, la voglia, la possibilità stessa di essere sempre calmə e gentilə non ci sono, a causa di condizioni lavorative complesse. Potrebbe star avendo una brutta giornata, avere problemi in famiglia, un contratto che scade a breve, l’affitto da pagare e deve arrivare a fine mese. O magari no, e non possiamo farci granchè.
La gentilezza non è accondiscenza
Possiamo essere persone gentili pur restando fermi nelle nostre posizioni, e senza, per usare un’espressione colloquiale, farci mettere i piedi in testa. Non significa impuntarsi, non significa essere persone “passive” o troppo disponibili, non significa chiedere sempre scusa, non significa ingenuità. Significa rapportarsi con l’altra persona con fermezza, ma in un modo non ostile né accondiscendente.
Se l’altra persona è gentile non significa che possiamo trattarla male, o che ci dirà solo le cose che vogliamo sentirci dire, o che ci stia dando una qualsiasi forma di consenso: non fraintendiamoci.
ripple effect, o effetto onda
La gentilezza, per essere tale, dovrebbe essere frutto di una scelta consapevole di abitare poeticamente il mondo (cit.). Penso sia anche una questione di sguardo su noi stessə, l’altrə, su eventi e situazioni che la vita in quanto tale ci presenta.
Solitamente, come scrivevo prima, la gentilezza permette l’innescarsi di una reazione a domino, ed è semplicemente una questione di attenzione.
Fermarsi, rendersi consapevoli di quello che sta accadendo, creare uno spazio — appunto, mettere tra parentesi — per un momento il pilota automatico. Aspettare, rimodulare quello che avremmo detto o fatto impulsivamente, anteponendo quello che per noi in quel momento è importante. E chissà che qualcun altrə non faccia lo stesso dopo di noi: solitamente l’effetto si propaga alle persone successive, come una spinta silenziosa.
La ricerca ha studiato molto il ripple effect o effetto contagio1 riguardo vari fenomeni, simile a quanto accade quando si lancia un sassolino in una pozzanghera o in un lago: si formano onde concentriche. La gentilezza, in questo senso, diffonde compassione (compassion) e amore (love), ci permette anche di stare meglio con gli altri dal punto di vista sociale e psicologico2.
Questo però accade ad una condizione.
Gli studi esaminati da questa metanalisi3, in particolare, affermavano che i benefici ricavati dall’uso di un comportamento gentile e altruista verso l’altro variavano in base al fatto che venissero eseguite azioni in modo deliberato, a beneficio di altri, o che i benefici fossero intenzionalmente per se stessə. Infatti, stando a ricerche precedenti, si riscontrava un'associazione tra intenzione e benessere: i volontari esaminati vivevano più a lungo rispetto ad altri volontari quando erano motivati dal desiderio di aiutare gli altri intenzionalmente e non per il proprio tornaconto personale.
Ecco un paio di video che illustrano questo processo:
Vi lascio qui, come di consueto, un estratto che trovo significativo.
È possibile che, con l’attenzione alle cose insignificanti, semplicissime, poverissime, io trovi forse il mio posto in questo mondo. C’è qualcosa della soave tirannia della tecnica che comincia a essere sconfitto con un istante di pura contemplazione che non chiede nulla, non cerca nulla, nemmeno una pagina di scrittura. La maggior parte del tempo, io guardo, non annoto, non scrivo. La contemplazione è ciò che minaccia maggiormente, e in modo stranissimo, il super potere della tecnica […].
Gli istanti di contemplazione sono istanti di grande tregua per il mondo, poiché è in questi istanti che il reale non ha più paura di raggiungerci. Non c’è più nulla di rumoroso nei nostri cuori o nelle nostre teste […]. Abitare poeticamente il mondo sarebbe forse prima di tutto guardare pacificamente, senza l’intenzione di prendere, senza cercare una consolazione, senza cercare nulla […] in quel momento qualcosa del mondo si apra come una mandorla. Si capisce di cosa si tratta quando si vive. Lo comprendiamo senza parole, e forse senza poterlo dire.
Prendere coscienza dell’estrema fragilità di questa vita, il cui tessuto è ricchissimo, e che un niente può lacerare. Ciascuno dei nostri gesti, ciascuna delle nostre giornate può, senza cercare lo straordinario, lo spettacolare, impedire al mondo di rotolare verso gli abissi.
— Christian Bobin, Abitare poeticamente il mondo - Le platrier siffleur, Ediz. bilingue, Ed. Anima Mundi
A questo giro, lo spazio “pubblicitario” per le newsletter è leggermente ridotto, perchè questa è una newsletter più lunga del solito. Vi suggerisco quindi alcuni numeri che ho apprezzato particolarmente a tema psicologia (ma trasversale) e di cui consiglio caldamente la lettura.
SALUTE PUBBLICA: Jessica Mariana Masucci,La salute mentale in Italia nel 2024
INCHIESTA: Federica Carbone, Marketing e Salute Mentale: il Tracciamento Invisibile delle Piattaforme. Ottima analisi dell’inchiesta andata virale su Instagram.
bonus: questo post su Instagram di Lorenza Napoleoni e colleghi, sempre sull’inchiesta sulle piattaforme
Infine, vi lascio una poesia di cui è possibile acquistare il poster fatto da me, che potete vedere in fotografia.
Di tutto restano tre cose: la certezza che stiamo sempre iniziando, la certezza che abbiamo bisogno di continuare, la certezza che saremo interrotti prima di finire. Pertanto, dobbiamo fare: dell’interruzione un nuovo cammino, della caduta un passo di danza, della paura una scala, del sogno un ponte, del bisogno un incontro. “O encontro marcado” libro di Fernando Sabino
PS: questo poster è in vendita, sia in digitale che cartaceo. puoi contattarmi via mail per averne uno da appendere dove preferisci, senza la scritta piccina sotto che vedi qui!
Grazie per aver letto fin qui, ci vediamo prossimamente!
Leggo e rispondo sempre a tutti i messaggi e i commenti, fammi sapere cosa ne pensi:)
Riferimenti
Barsade, S. G. (2002). The Ripple Effect: Emotional Contagion and its Influence on Group Behavior. Administrative Science Quarterly, 47(4), 644-675. https://doi.org/10.2307/3094912
Hui, B. P. H., Ng, J. C. K., Berzaghi, E., Cunningham-Amos, L. A., & Kogan, A. (2020). Rewards of kindness? A meta-analysis of the link between prosociality and well-being. Psychological Bulletin, 146(12), 1084–1116. https://doi.org/10.1037/bul0000298
Julia Petrovic, Jessica Mettler, Sohyun Cho, Nancy L. Heath (2024). The effects of loving-kindness interventions on positive and negative mental health outcomes: A systematic review and meta-analysis, Clinical Psychology Review, Volume 110 https://doi.org/10.1016/j.cpr.2024.102433
Bravaaaa
che bello il posterrrr