È un’uggiosa domenica di ottobre.
In questo periodo non scrivo, o se scrivo, scrivo una serie di note sul telefono che lascio lì senza finirle. Di solito sono singole frasi, come se i meccanismi di un ingranaggio fossero caduti e, cadendo, si fossero irrimediabilmente separati. Altre volte, un insieme di frasi in inglese o in italiano - ma più spesso in inglese, come se attraverso l’inglese riuscissi ad esprimermi meglio essere più vicina ad alcuni vissuti, in italiano ad altri. Anche questa newsletter è una nota sul telefono, del resto, composta mentre mangio salatini giapponesi presi al discount. Ci sono quelli a forma di stella, di pesciolino, di forma quadrata, di forma sferica con gli arachidi, altri che irrimediabilmente finiscono sbriciolati in fondo al pacchetto di plastica, ma sono fatti più o meno tutti della stessa cosa e hanno un gusto simile.
C’è questo curioso fenomeno, di cui ho parlato con alcune amiche partendo da un Reel che ho visto su Instagram, che letteralmente rende note del telefono una sorta di fenomeno universale, dove la lista della spesa sta un paio di note sotto un messaggio mai inviato, un flusso di coscienza condito da frasi di canzoni e spezzoni di libri, ma anche scansioni di documenti e le password dell’esselunga e il codice fiscale che non ricordo mai. Questo sembra essere qualcosa di estremamente comune e trasversale: una sorta di diario ibrido che, come un hard disk esterno, ci permette di riversare al suo interno quello che non abbiamo spazio per contenere mentalmente in quel momento. Trovo che sia una metafora bellissima.
L’anno scorso ho partecipato ad un gruppo di scrittura e ogni settimana, di giovedì sera, ci ritrovavamo per condividere quello che avevamo avuto modo di scrivere durante la settimana. A volte mi riducevo così all’ultimo da buttare giù qualcosa soltanto il mattino stesso dell’incontro e ultimarlo nel corso della giornata. Nonostante questo, sono stati dei momenti in cui forse per la seconda volta (perché la prima è stata con la tesi della triennale) ero contenta di quello che avevo scritto. Avevo creato una intera cartella all’interno delle note, rinominata “taccuino 📝” in cui buttavo giù alcune idee e delle bozze. Spesso arrivavo all’incontro senza aver fatto alcun tipo di editing e presentavo quindi un testo a cui (qualcuno potrebbe dire) non avevo dedicato l’attenzione necessaria, ma per me era un esperimento di non compiutezza, di imperfezione ed esposizione di un’incertezza, di qualcosa che non era stato chissà quanto rifinito. Il che, per una persona che solitamente controlla che anche i lacci delle proprie scarpe siano simmetrici, era un bel passo avanti. Riesco a farlo solo con il disegno e la scrittura.
Riporto qui il primo pezzo che ho scritto, anche se coi salatini giapponesi non c’entra nulla, semplicemente perchè da qualche parte dovrò pur iniziare.
finished, not perfect.
Dal buco della serratura, per strada
Una piccola porta, aperta sulla via, una luce arancione e debole. Nessuna spiegazione. Ci sono tre uomini, con giacche scure e sportive, scarpe da ginnastica, ognuno con uno strumento diverso: pianoforte, basso, batteria, i volti concentrati, rilassati, sereni. Al centro, un microfono, solo al centro della piccola stanza. Sembrano godersi il momento, in pochi metri quadri, un po’ buio. Sopra, un’insegna: 4w. Una piccola insegna luminosa, in un angolo, recita: Grazie. Sotto, un cestino con delle monete, l’unica indicazione, l’unico segnale che indirizza il pensiero. Davanti alla porta, quattro sedie dove poter prendere posto, fermarsi, ascoltare, e condividere uno sguardo o una nota musicale. Si sente nell’aria la frenesia della primavera, del primo tepore che rallegra l’umore. Prendo posto, mi siedo e ascolto per qualche minuto. Quando mi alzo, mi chiedono di cantare, io sorrido, ringrazio, lascio qualche moneta e vado via, immaginando, passo dopo passo, le vite dei tre uomini sorridenti: saranno amici, colleghi, conoscenti? Condividono un pezzo di strada, una piccola stanza. Lascio la porta aperta. Su instagram, pochi giorni dopo, cerco il nome che avevo visto sull’insegna e leggo “sostieni e pratica l’utopia come cura omeopatica ai mali del mondo” .
Pensavo che quindi la scrittura, in un modo simile alla pittura, comporta la scelta delle parole, come pennellate sulla tela, da una tavolozza. Colori scelti e selezionati, dalle tonalità simili o contrastanti, con cui tracciare ritratti della realtà o di paesaggi interiori. Oppure senza sceglierli, e cogliere le parole così come ci arrivano. Patrizia Cavalli, in un intervento al Festival della Mente di qualche anno fa, parlava della poesia e dell’attività del poeta come una corsa ispirata.
Riporto qui il passo a cui faccio riferimento.
La poesia ha una tale velocità che, mentre corre, addirittura scavalca se stessa e arriva in luoghi dove non aveva la più pallida idea di poter arrivare. Questa è una cosa straordinaria, è un tipo di corsa che assomiglia a quella degli scogli al mare, ossia è una corsa sostenuta dalle parole, dai suoni, dalle assonanze, dalle rime, rime che gli fanno da sponda, da sostegno e da abbrivio, e grazie alle quali procede come in volo finché arriva in queste terre sconosciute.
Così come al mare, quando si vede una scogliera e non si sa cosa c'è dietro, si è presi dall'ebbrezza di volerla oltrepassare, succede una cosa bellissima: si diventa ispirati nella corsa, c'è una corsa ispirata. Si appoggiano i piedi con una velocità che, se venisse meno, si rischierebbe la rovina e per poter esistere vuol dire che il nostro cervello anticipa velocemente, senza neanche pensare al “progetto”. Non c'è un progetto, ma anticipa i passi con una velocità straordinaria, appunto come un'ispirazione dell'ostacolo, in modo che uno possa mettere un piede qua, uno là, uno su, uno giù, senza cadere, come portati in un volo, ed è una sensazione bellissima.
Spesso, attraverso questo, si arriva fortunatamente alla spiaggetta che uno sperava di trovare, come nella poesia, dove non c'è nessuno. Qualche volta, però, si trova un sacco di gente, luoghi già conosciuti, sporchi.
Tutto questo sembra un'immagine estrema come paragone rispetto alla poesia: un poeta, perché la poesia possa esistere davvero, deve tornare indietro da questa corsa, deve rifare la strada in un modo lento e accorto. Deve segnare il percorso in modo da rifarlo la prossima volta senza rompersi una gamba. Il poeta è uno che avanza di corsa, torna indietro lentamente, e così apre e segna la strada.
Infine, ecco la solita lista di fine newsletter, con un paio di segnalazioni nell’ultima sezione.
Cose che ho fatto e visto ultimamente
ho visto dei gattini di un mese, in Casentino.
sono andata in Danimarca: da Cph a Skagen, ad Aarhus e poi di nuovo a Cph. Mi sono ricordata di Bibi (questa qui) e ho desiderato fortemente tutto il merchandise possibile di Pippi Calzelunghe.
Cose che ho letto/sto leggendo
Sto leggendo:
Chandra Livia Candiani, Il silenzio è cosa viva, Einaudi. Ho avuto modo di ascoltarla dal vivo, a Torino, per il festival Rob de Matt, nella settimana dedicata alla salute mentale.
Anna Mehler Paperny, Hello I Want to Die Please Fix Me: Depression in the First Person, Penguin - disclaimer: se si soffre di depressione potrebbe NON essere affatto una buona idea leggerlo. Se volete invece saperne di più su quella che, secondo l’OMS, sarà la prima causa di disabilità dal 2030, potrebbe essere una lettura interessante. Non avendo ancora terminato il libro, mi astengo dal dare la mia opinione a riguardo. Se vi interessa il tema, e NON soffrite di depressione, leggete Svegliami a Mezzanotte di Fuani Marino. credo sia un testo importante.
Un articolo per unire alcune parole chiave: disuguaglianze, salute mentale, guerra - quest’anno ricorrono i 100 anni dalla nascita di Franco Basaglia.
Ho letto:
troppi manuali per gli esami
Lulu Miller, I pesci non esistono, Add editore (4/5 - non pensavo che mi sarei mai potuta appassionare ad un testo del genere, e invece! santo bookstagram)
Tetsuya Toyoda, Undercurrent, Dynit Manga editore (4/5 - Splendido. Un tratto gradevolissimo per uno slice of life che si basa su cosa succede all’indomani di un evento, quando sei lì a raccogliere i cocci. Consigliato!!)
💌 sezione newsletter e news (a tema psy) 💌
in arrivo, nelle prossime settimane, ci sarà un post insieme a Dana Vanni, per la collaborazione con il suo bellissimo bookclub Clubetti Libretti per il quale ho avuto il piacere e l’onore di curare gli asset grafici. Ci saranno a breve nuove storie in evidenza! vi consiglio di iscrivervi, perchè si respira lo stesso clima che c’è quando d’inverno, davanti alla finestra, ci si ferma a guardare la neve che cade o la pioggia che batte sui vetri, sorseggiando una tisana.
Che vi stiate avvicinando ora, o siate praticanti da anni e anni, le parole di
potranno esservi di grande supporto. Riporto qui alcune un brevissimo brano, come una fotografia, che mi è piaciuto molto - tratto da questo numero gratuito. Per chi ci sarà, sarò a Milano per il laboratorio esperienziale di mindfulness e reparenting il 10 novembre, in occasione del festival della peste.
Raramente siamo sostenuti a fermarci per poter ascoltare quello che accade dentro e fuori di noi. Tranne che nella mindfulness che sembra così rivoluzionaria proprio perché ci chiede di fermarci, anziché trovare soluzioni. Di ascoltare prima di parlare, di scegliere cosa rispondere anziché reagire. Di difenderci attraverso la gentilezza anziché attraverso l’attacco.
Tra un po’ partirà la newsletter di Eliana, una psicoterapeuta che stimo moltissimo. Si chiama con amore, dal salotto ed è un progetto che sta nascendo ora. Correte a darle supporto!
Sul concetto di autenticità, immagine corporea, trend estetici visti da una prospettiva di accettazione e compassione,
ha scritto una newsletter intervistando la dott.ssa Capulli. molto interessante!
Per concludere, vi lascio con una breve meditazione che ho scoperto durante un ritiro di meditazione zen a cui ho partecipato ad agosto. Potete ripeterla dopo aver fatto alcuni respiri profondi. Inizialmente rivolgetevi a voi stessi, poi ad una persona a cui volete molto bene, ad un conoscente e infine ad una persona che odiate moltissimo (questo è molto difficile da fare).
Che tu possa essere felice che tu possa stare bene che tu possa essere al sicuro che tu possa essere in salute, nel corpo e nella mente
Grazie per aver letto fin qui, ci vediamo prossimamente!
Che bella questa newsletter e che belle le tue grafiche, non ti conoscevo 🥹 felice di averti scoperta random grazie all’algoritmo (?) di quest’app
Grazie mille per la menzione💕